Alzi la mano. Chi l’avrebbe detto, chi l’avrebbe anche solo pensato. Chicchirichì, ma adesso: lì tutti fuori a fare i galli e a dire lo sapevo, me lo sentivo. E come no. Qualcuno a dire il vero e anche prima c’era per davvero. Però… La Giana Erminio in Lega Pro… Figurarsi. Figurarsi ai tempi della retrocessione in Promozione. Qualche anno fa, mica anni ’80. E Matteo Marotta? Bravo, bravino… In Promozione, sì. Ah, anche in Eccellenza.Va bè… Pure in Serie D. Eh. Ora in Lega Pro. E pensare ad esempio che quella spalla… “Me l’ero lussata tre volte, così mi sono fatto operare. E la Giana mi ha preso che ero fermo. Tanto recupero, pensavo. E invece mi esce ancora, senza che nemmeno fossi caduto. Ma come, non era nuova?”. Ahia dunque, come i playoff in Eccellenza solo sfiorati. Ahia più che altro per la retrocessione in Promozione dell’anno dopo. Niente favola, allora non se ne sentiva nemmeno il minimo profumo. Eppure… “Da lì, proprio da lì è iniziato tutto – racconta Matteo – con il presidente Bamonte e mister Albè che non hanno voluto mollare. Anzi, subito risalire. In Promozione sapevamo di poter fare la differenza, l’anno dopo in Eccellenza si diceva ci fossero le corazzate bergamasche ad esempio”. Vinto anche lì. In Serie D? La Giana si spaventa pure un pochino quando sa di non essere nel girone prettamente lombardo. In sintesi: e chi li conosce questi? Saran squadroni. “Però abbiamo sempre azzeccato i giusti innesti, pur mantenendo il blocco. Anche in D il pres ce lo diceva: vinciamo, vedrete. E lo dice anche quest’anno. Noi eravamo curiosi, pensavamo a salvarci. Poi abbiamo capito- prosegue il classe ’89 - che in categoria potevamo starci. E punto dopo punto…”… La Lega Pro. Cambia tutto, in sostanza forse no: “Certo i ritmi sono molto più alti, la fisicità. Soprattutto l’organizzazione: qui ti studiano a fondo, se hai un punto debole sicuramente ti colpiranno lì, mentre i punti forti te li limitano subito”. Lo spirito però è sempre lo stesso: “Ci si diverte, pur lavorando. Si scherza, pur facendo le cose seriamente. Gli allenamenti in pratica iniziano alle 13.30 e finiscono alle 19.30: si sta insieme”. E poi c’è Cesare Albè, il mister: “Spesso ci raccomanda di essere puntuali, in campo alle 15. Poi arriva in spogliatoio, inizia a parlare e sul campo ci arriviamo alle quattro. Lui è uno spettacolo: basta fargli una domanda e parte, anche in conferenza stampa. Sembra sempre lì per caso, ma ha grande competenza. Se è serio sa incantarti, se scherza poi…”. Eccola la ricetta allora. Buona anche per il professionismo: “Tutti abbiamo dovuto fare i conti con una nuova realtà: chi lavorava ha dovuto organizzarsi con gli allenamenti, io ho fatto in tempo a laurearmi in Economia e Marketing e quest’anno la vivo così”. Con leggerezza, ma l’esordio in campionato… “Dovevamo andare a Vicenza, la sera prima però mi ritrovo con un febbrone. Non avrei potuto giocare, poi la notizia del ripescaggio in Serie B dei nostri avversari. Tutti arrabbiati, io certo no”. Così al debutto c’è, al Brianteo contro il Lumezzane. Come sempre al fianco di Biraghi, compagno di reparto a centrocampo fin dai tempi della Promozione:“Marco ed io ci conosciamo benissimo e siamo molto legati. Gli ho fatto anche da testimone. Lo chiamiamo ancora “Chino”, perchè da ragazzo era basso. Poi è cresciuto, lui… Il mio soprannome invece è “Lio”: a Carugate giocavo sulla tre quarti ed al Barcellona erano i tempi di Ronaldinho, Eto’o, Henry e pure Messi, con quel passo e quella statura… Me l’hanno affibiato, certo c’è una bella differenza ovvio”. Ovvio, anche se di ovvio in questa storia c’è ben poco. Molto poco. Più una storia, appunto. Che però è lì. Ed è ancora da scrivere.

Sezione: PRIMO PIANO / Data: Ven 17 ottobre 2014 alle 14:00 / Fonte: gianlucadimarzio.com
Autore: Mattia Vavassori
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