Mario Macalli, ex presidente della serie C, ha parlato a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio: "I presupposti della Lega Pro sono di fermare il campionato, più per necessità che convinzione. Con le disposizioni che sono state preparate, il calcio di serie C non si può attuare anche perché ci sono regioni messe male sotto il profilo del virus. L'unica via è quella di fermarsi, secondo il mio parere c'è da farlo immediatamente".
Come giudica l'operato di Gravina?
"Io prendo solo atto che il presidente federale ha detto che non vuole essere il becchino del calcio italiano. Tramite il proprio comitato ha creato e mandato il protocollo alla politica per riprendere questo campionato, sotto pressione anche della UEFA. In Europa però la Francia ha detto che non gioca più, altre si fermano mentre c'è chi vuole ripartire. La posizione del presidente federale è complicatissima: davanti ha una Lega che a parole diceva di voler ripartire, ma in realtà la metà di loro neanche vuole mettersi i calzettoni. Qui è cambiato il mondo, se un appassionato di calcio guarda dentro se stesso gli viene da piangere: è uno sport di contatto, che vive del calore dei tifosi. Se domattina si riparte a giocare, voglio vedere quante persone possono entrare immediatamente a cuor leggero in uno stadio, uno di fianco all'altro. La paura è tanta, e questo mi fa venire dubbi: finché non arriverà il vaccino vivremo in un nuovo mondo. Giocando continuamente a porte chiuse, non sarebbe più calcio. Io più che adesso, poi, mi preoccuperei di pensare alla prossima stagione. Se riusciremo a ripartire".
Perché non anticipare le riforme?
"Mi permetta però di dire una cosa: se governassi io farei l'impossibile perché chi lavora con me accetti che il calcio italiano non regge più queste sessanta società. Bisogna fare le riforme e invece hanno inventato un girone di élite e due gironi di semi-professionismo, che sarebbe la tomba per questa categoria. Ci sono presidenti di squadre di Lega Pro che sono fior fiore dell'industria italiana: è evidente che anche loro hanno difficoltà, perché prima pensano a produrre e alle migliaia di famiglie che stanno a casa. Ci sono però ancora troppi presidenti banditeschi, dei briganti che provano a mandare tutto in malora. La soluzione c'è, e deve partire dalla Federazione passando dal cambiare la legge dello Stato che rimane lì da trent'anni, e che li definisce professionisti. Bisogna fregarsene di cosa direbbe l'AIC. Bisogna che: primo, le squadre di C portano garanzie bancarie effettive, dopo anni in cui si è visto di tutto, e due devi giocare con il 70% di calciatori del tuo territorio. In più serve ottenere dal Governo una cosa determinante: fino a 25 anni sei un apprendista sportivo. Il contratto di apprendistato va dato anche al calcio. Così si riducono i costi, stabilizzando le rose. Cosa si lamentano le squadre di Lega Pro, che hanno 35 giocatori in rosa? Li hanno presi loro, ora li paghino. Quelli che hanno gestioni milionarie non devono parlare, devono stare zitti. Allo stadio, facendo giocare più ragazzi del territorio, avresti pure più persone. Anche la serie B deve darsi una regolata, sono indebitati mediamente per 20 milioni di euro. Questi si sparano. Poi la serie A faccia come vuole... Produce di più. Per chiedergli dei soldi bisogna assicurare che saranno spesi in una certa maniera: questo è il calcio nuovo. Se si parla di élite e semi-pro, scavate pure la fossa".
La direzione sembra quella di ripristinare la C2...
"Questo è l'errore fondamentale. Parliamoci chiaro: secondo lei una squadra di serie D, con cinque allenamenti la settimana e gente che prende 100.000 euro, è davvero dilettante? Il dilettante deve fare il dilettante, non il professionista di terzo livello. La riforma che ho fatto io a 60 squadre, se andate a leggervela, non è mica stata applicata. I bilanci c'è scritto di controllarli prima, ma quando mai l'hanno fatto? Saltano società indebitate in maniera paurosa dopo tre mesi e nessuno aveva visto niente. Io di errori ne ho commessi cinquemila, sicuramente, perché chi fa, sbaglia. Ma quei presidenti che sbattono i pugni sul tavolo sono gli stessi che fanno rose a 35 giocatori e spendono più di quanto potrebbero. Quelli sono cortigiani, non collaboratori. Il calcio italiano si può salvare, ma se si parla a schemi... Chi vivrà, vedrà ma con la C2 significa indebitare e alimentare il nero".
Autore: Rossana Stucchi
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