Riprendendo il titolo di un fortunato capitolo della controinformazione calcistica, “Nel fango del dio pallone”, libro-confessione scritto dall’ex centravanti di Genoa, Milan e Roma, Carlo Petrini, sorprende come sudore, fatica e la più cieca fede nel liturgico appuntamento domenicale, quello garantito dalla partita, rappresentino i tratti salienti, e costanti, della carriera di uno dei “vecchietti terribili” del nostro calcio. Le sue foto, mandate in copiosa quantità, sembrano uscite dalla stessa sceneggiatura, a fronte delle diverse maglie che hanno scandito il percorso di successo di un mediano tutto grinta e polmoni, ormai prossimo ai 40 anni, eppure ancora impregnato di quell’entusiasmo che compete ai ragazzini. Tritium o Città di Sangiuliano che sia, Yuri Cortesi lo trovi a sgomitare, randellare, mordere le caviglie altrui, nei più classici campi di periferia, laddove è il fango a farla da padrone, a dispetto di qualche sporadico ciuffo d’erba. Messo ai box soltanto da un maledetto virus, che invero sembra avergli raddoppiato la smania di tornare sul terreno di gioco, per ruggire più forte che mai, Cortesi c’era, c’è e ci sarà, perché il racconto di uno dei protagonisti più conosciuti, e mai banali, non può prescindere dall’invidiabile approccio a una disciplina che, evidentemente, è più di una sgambata o un passatempo. Elemento pluridecorato, dall’alto dei sei titoli conquistati – nell’attesa di capire se per il settimo si debba attendere un qualche verdetto a tavolino – l’attuale capitano del Città di Sangiuliano, corazzata allestita per (stra)vincere il girone E della Promozione lombarda, ci spiega, a modo suo, il delicato momento in cui tutti siamo incappati, ribadendo, da un lato, la necessità di tenere in vita i campionati ora in sospeso; mettendo in risalto, dall’altro lato, l’accezione dilettantistica di uno sport che per forza di cose non può essere equiparato alla Serie A. “Il settimo titolo avrebbe un qualcosa di speciale, di perfetto – spiega YC5 ai microfoni del portale bergamoesport.it – ma è chiaro che in un clima così sospeso, tra incertezza e dramma, diventa difficile fare delle previsioni. Io spero che questa stagione venga salvaguardata, un po’ perché siamo primi in classifica, da lungo tempo, e un po’ perché conosco gli sforzi che ha compiuto la società, per primeggiare e per non farci mancare nulla. Ora fa strano parlarne, con tutti i morti che ci sono stati fa davvero strano, ma bisogna pur mettere in conto la voglia di reagire, di far capire che non è tutto finito. Per me che vivo di calcio, vivo questo momento come se fossimo caduti in una brutta sconfitta, che impone per forza di cose il riscatto. Siamo alle prese con una cosa grave, destinata a risultare indelebile, ma che impone di scattare e reagire. Ci sta allora il voler programmare, il voler valutare se è il caso di mollare, oppure ripartire. Annullare campionati e classifiche sarebbe ingiusto, per tutti. Se sei obiettivo e sincero, non puoi non notare che tre quarti del campionato sono già alle spalle. Allo stesso tempo, pensare di riprendere in mano il tutto, quando sarà piena estate, mi lascia perplesso: davvero vogliamo giocare con 35°? Teniamo presente che siamo dilettanti e come tali abbiamo bisogno di almeno tre settimane, per tornare in condizioni idonee per affrontare il campionato. Diventa allora lecito porsi la questione dei verdetti. Personalmente, o faccio salire la prima e stop, oppure faccio salire la prima e faccio retrocedere l’ultima. Qualcosa si deve pur decretare, tenendo ben presente che comunque vada a finire, qualsiasi decisione sarà presa scontenterà qualcuno. Non guarderei però la classifica stabilita dal campionato al momento della sospensione, ma guarderei alla fine dell’andata (CDS comunque primo, n.d.r.). Per una questione di uguaglianza e di imparzialità. Una partita per tutti, contro tutte le altre, senza scomodi calcoli legati agli scontri diretti. Solo in questo modo, si può sostenere che il calendario è stato uguale per tutti: che si partisse con un calendario più morbido, oppure affrontando avversarie di livello, al dunque le partite te le sei fatte tutte. Quanto alle retrocesse, che si presume rappresenteranno il gruppo degli scontenti, inviterei a chiedersi il perché fossero ultime. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte e ciascuno, in un momento così delicato, deve fare la propria parte, con responsabilità e una bella dose di autocritica. Se è vero che per i primi di maggio potremmo sapere qualcosa di più dei destini di questa stagione, individuerei in giugno il momento più opportuno per i verdetti. Bisogna accorciare i tempi rispetto alla stagione successiva, scongiurando la possibilità di reclami o di battaglie giudiziarie”. Idee chiare e le immancabili ruvidezze, come compete a un personaggio costantemente sotto i riflettori, anche se calcisticamente impegnato lontano dalla Bergamasca: “Il calcio è il mio pane e in un momento così mi devo accontentare dei dilettanti messicani. Con la Tv satellitare riesco a fare incetta delle loro partite, che sono incredibili, perché di tanto in tanto ci scappa un terreno di gioco in salita. O in discesa. Per davvero ho visto giocatori che al momento della ripresa del gioco devono tenere ferma la palla con la mano. Eppure va bene così, io mi accontento anche di quello. E gli sguardi, le reazioni, della mia compagna sono tutto un programma. Al resto ci pensa l’allenamento, che non è mai mancato. Basti pensare che, in una settimana-tipo con tre allenamenti, io ce ne aggiungo un quarto tutto mio, con corsa o cyclette. In un primo momento, quando le restrizioni non erano ancora in vigore, andavo a correre in campagna. Ora il preparatore del Città di Sangiuliano ci segue con una piattaforma multimediale e predispone un apposito programma, ma devo dire che il fatto di non poter correre mi pesa un po’, mi manca il potermi sfogare. Adoravo andare a correre, non penso nemmeno che ci fosse tutto sto rischio, ma poi qualcuno ci ha sguazzato ed ecco arrivata la restrizione. Gli italiani sono dei furbacchioni, a loro piace sguazzare e non accettano di essere comandati. Così oggi paghiamo tutti, per le colpe di pochi. Quanto al lavoro, siamo rimasti a casa giusto una decina di giorni, dato che l’azienda produce anche componenti per mascherine. Dieci giorni, non di più: quanto basta, per dare vita alla mia personalissima doppia seduta. Un’ora e mezza al mattino e un’ora e mezza al pomeriggio, con la compagna a ricordarmi che sembro un bambino, per l’attenzione e lo scrupolo che ci metto in quella che era e rimane una grande passione. La mia vita sportiva è sempre stata così. Anche oggi, sulla soglia dei 40, mi sveglio al mattino e sorrido, perché alla sera ci sarà allenamento. Come se ne avessi 16, non 40. E francamente qualche anno ancora per giocare me lo do, al di là quel che sarà di questa stagione”. Stupisce il filotto di titoli, con la doppietta infilata sia a Zogno che a Trezzo d’Adda e i trionfi ottenuti con le maglie di Paladina e Valle Brembana, ma c’è un dato statistico forse ancor più rilevante: “Dal 2007, ovunque io sia stato, sono diventato il capitano. Paladina, Ponteranica, Valle Brembana, Villa d’Almè, Stezzanese, Tritium, Colognese e, oggi, Città di Sangiuliano. Sarà anche perché son sempre stato attento a condurre una vita da atleta, senza bere né fumare e alimentandomi nella giusta misura, o vuoi perché non ho mai patito particolari infortuni, il calcio è sempre stato una questione tutta mia, in cui riversare tutto me stesso. Pure il preparatore del Sangiuliano non manca di sorprendersi, lui non ci crede che io abbia ormai 40 anni. Tant’è, io già mi vedo, quando sarò impegnato con gli Over 60: sarò ancora in campo, a dare l’anima. Prima però c’è un titolo da conquistare con il Città di Sangiuliano. Con o senza verdetti a tavolino, questa è una realtà che ha tutto per imporsi, anche in categorie superiori”.

Sezione: PRIMO PIANO / Data: Dom 26 aprile 2020 alle 17:30
Autore: Mattia Vavassori
vedi letture
Print