Il calcio spesso è spietato. Un momento ti esalta, come un Dio, un istante dopo sei dimenticato. Questa è la parabola di Francesco Grandolfo, balzato agli onori delle cronache dopo la tripletta al Bologna, e ben presto dimenticato. Eppure parliamo di un ragazzo di appena 20 anni, accostato alla Juventus, al Milan e a tutti i più grandi club di Serie A nell'estate di due anni fa, e quest'anno tornato in serie B, indossando la maglia che ha sempre amato, quella del Bari.
Francesco Grandolfo nasce a Castellana Grotte, il 26 luglio 1992. Ragazzo sveglio e volenteroso, mostra sin da subito uno spiccato amore per lo sport ed il pallone. I genitori lo portano a giocare nella Pro Inter Bari, la squadra che ha lanciato Antonio Cassano. Come il fuoriclasse nerazzurro, anche Grandolfo viene tesserato dalla Primavera del Bari. Con le giovanili dei Galletti sbalordisce tutti. 23 presenze e 16 reti gli valgono le attenzioni della Prima squadra. Il tecnico Giampiero Ventura lo aggrega con il resto del gruppo, garantendogli la possibilità di allenarsi con il brasiliano Barreto. Grandolfo non perde occasione per apprendere dai più esperti compagni e Ventura decide di premiarlo. Il 7 maggio 2011 fa il suo esordio in Serie A, nella sconfitta a Palermo. Nell'ultima di campionato a Grandolfo viene data la possibilità di giocare titolare, nella trasferta di Bologna. Contro i felsinei il bomber pugliese si scatena e realizza una fantastica tripletta di sinistro. Due goal da centravanti vero, con un interessante movimento a smarcarsi; uno di rapina alla Pippo Inzaghi. Le porte del paradiso sembrano spalancate per il ragazzo barese, su cui piombano le attenzioni delle grandi squadre del torneo. Dopo un'estate di rumors e voci di mercato, è il Chievo Verona ad aggiudicarselo in prestito con diritto di riscatto. Verona sembra essere la piazza ideale dove crescere e maturare esperienza, ma qualcosa s'inceppa. Grandolfo non lega con l'ambiente e gli allenatori, tanto da chiudere la stagione con solo due presenze all'attivo. Il Chievo non lo riscatta e, terminato il prestito, il centravanti torna nella sua Bari. Qui sceglie il numero 9, indossato prima di lui da Raffaele Costantino, Sandro Tovalieri e Gionatha Spinesi. Al momento non sembra però che la fortuna sia la stessa degli illustri predecessori: Grandolfo è ai margini della squadra e deve accontentarsi di poche apparizioni.
Grandolfo, 182 cm per 79 kg, ha 20 anni compiuti da poco e tutte le carte in regola per sfondare nel calcio professionistico. Mancino naturale, è un numero 9 vecchio stile. Vive per il gol e non ha altro obiettivo che la rete. Nelle movenze ricorda un giocatore come Pippo Inzaghi, spietato killer delle aree di rigore. Dotato di una buona tecnica personale e tanta corsa, Grandolfo deve migliorare molto a livello mentale. La precoce esplosione in Serie A ha rallentato il suo processo di crescita, come spesso capita ai giovani talenti. Il suo talento non dev'essere sprecato, come accaduto a Fausto Rossini e Gianni Comandini, per fare due nomi del recente passato. Ha di certo bisogno di trovare un tecnico che creda in lui e nelle sue doti, ma più di ogni altra cosa deve ritrovare la fiducia in sè stesso. E' uno che i gol li ha sempre fatti, e prima o poi riprenderà a farli. Il suo periodo di balck-out, seppur molto diverso, ricorda quello di Paloschi. Come il bomber del Chievo (fermo spesso per infortunio) anche Grandolfo ha bisogno di ritrovare qualche gol per sbloccarsi e rimettere in carreggiata una carriera che dev'essere in ascesa. A 19 anni ha griffato un record storico, diventando il primo calciatore a timbrare una tripletta in Serie A con la maglia del Bari, ma non può che essere un punto di partenza.
Autore: Stefano Spinelli
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