È di pochi giorni fa l’allarme lanciato dal Presidente della Lega nazionale dilettanti (LND), Cosimo Sibilia, che ha paventato il rischio di una riduzione del 30% del numero di società calcistiche dilettantistiche italiane in seguito all’emergenza Covid19. Uno scenario ancora difficile da descrivere ma che avrebbe come conseguenza il passaggio dalle dodicimila realtà attuali a meno di novemila. Per capire la portata di ciò a cui facciamo riferimento, il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, ha già annunciato un piano da quattrocento milioni di euro per salvaguardare e rilanciare il movimento dilettantistico che in Italia coinvolge oltre un milione di praticanti. Ma quali sono i fattori che potrebbero far vacillare il sistema dilettantistico nei prossimi mesi? L’analisi è complicata dal fatto che stiamo parlando di una struttura eterogenea e difficile da definire in quanto riguarda situazioni territoriali molto diverse tra loro e concerne ben sei categorie differenti più i relativi settori giovanili, oltre al calcio femminile e al futsal.

Le differenze con i professionisti
La premessa da fare è che non dobbiamo credere che la crisi dei dilettanti sia semplicemente la ripercussione diretta o il palesamento a livello locale di quelle che sono o saranno le difficoltà del calcio professionistico perché quest’ultimo si basa su una struttura e forme di contrattualistica completamente differenti. Il professionismo, oltre agli inevitabili contraccolpi nel settore calcio della recessione economica-finanziaria e alla questione contratti dei calciatori, ad oggi deve fronteggiare in primis due problemi evidenti: l’eventuale perdita dei ricavi da stadio (il 10% del ricavo aggregato del calcio professionistico) in caso di partite a porte chiuse; la spinosa questione dei diritti tv (il 35% del ricavo aggregato del calcio professionistico) con il rischio che possa saltare esattamente 1/3 del campionato. Nel dilettantismo ovviamente non si pone la questione dei diritti tv, oltre al calcio femminile su Sky, vanno in onda su Sportitalia e su Eleven Sports soltanto alcune partite di Serie D.

I ricavi da stadio
I mancati incassi da stadio possono invece risultare un danno rilevante per le società di Serie D, dove dovrebbero venire a mancare quattro o cinque partite in casa più gli eventuali spareggi playout, playoff - ottima fonte di ricavo - per un mancato introito che mediamente potrebbe aggirarsi tra i dodici e i quindicimila euro e potrebbe superare i ventimila euro per le squadre più seguite, ad eccezione di casi singolari come il Palermo che ha un bacino d’utenza enorme rispetto alla categoria, ed una media spettatori di più di quindicimila persone, con cui può ricavare anche oltre cinquecentomila euro nelle sole tre partite casalinghe ancora da giocare. Nella massima serie dei dilettanti questa manciata di migliaia di euro che si va a perdere può costituire un problema insormontabile per quelle società che hanno una tifoseria numerosa su cui fare affidamento, in particolare per quelle che avevano preventivato determinati introiti tramite la biglietteria, senza considerare gli eventuali rimborsi di parte degli abbonamenti sottoscritti ad inizio stagione. Diversa è la valutazione da fare per le categorie inferiori dove, fatta eccezione per alcune squadre di Eccellenza e Promozione in cui i ricavi da botteghino delle partite ancora da disputare avrebbero potuto superare i seimila euro i ricavi da stadio in genere vengono utilizzati per coprire dei costi di gestione corrente strettamente connessi all’attività continuativa sportiva. In altre parole, se è vero che vengono a mancare una parte delle entrate, è vero anche che vengono a mancare i presupposti e le incombenze per cui quei determinati introiti sarebbero stati di vitale importanza per la copertura di costi variabili quali utenze, trasporti, servizio lavanderia, costi legati all’evento partita come il personale sanitario e così via.

I rimborsi per calciatori, allenatori e dirigenti
Tra la Serie D, i campionati nazionali femminili e le categorie minori va fatta un’ulteriore distinzione. Come previsto dall’articolo 29 punto 3 e dall’articolo 94 ter delle NOIF, in Serie D - i campionati nazionali della LND -, al momento della firma i calciatori devono necessariamente sottoscrivere con la società sportiva anche un accordo di tipo economico, per far sì che il tesseramento risulti valido, fino ad un massimo lordo annuo di euro 30.658,00, da corrispondersi in dieci rate di pari entità. Per i rimborsi fino a euro diecimila euro non si applica alcuna imposizione fiscale. Il vincolo che lega il giocatore alla società può avere anche natura pluriennale fino a tre stagioni sportive secondo una novità introdotta dal 2018 con la modifica dell’art. 94 NOIF. Lo stesso discorso vale anche per coloro che sono tesserati come Collaboratori della Gestione sportiva e che abbiano ricevuto l’apposita abilitazione FIGC, ma in questo caso l’accordo economico è facoltativo e non imprescindibile. A dimostrazione di queste disposizioni i calciatori di Serie D che non hanno ricevuto i compensi pattuiti possono presentare le loro istanze, concernenti gli inadempimenti degli accordi, innanzi alla competente Commissione Accordi Economici della LND. Quest’ultima, dopo le opportune verifiche, valuterà se stabilire o meno la corresponsione da parte delle società dell’importo richiesto dal calciatore. Nel caso di reiterata inadempienza la società rischia l’esclusione dal campionato della stagione successiva. Per questi motivi, le società sportive dilettantistiche di Serie D sono quelle più esposte ai rischi di una situazione instabile ed incerta all’orizzonte, ma non è da escludere che si possano trovare degli accordi con AIC anche per ciò che riguarda i compensi dei calciatori di D al fine di allievare una situazione formalmente molto intricata.

Rimborsi di calciatori, allenatori e dirigenti nelle categorie inferiori
Per ciò che riguarda le categorie inferiori del sistema, il discorso relativo ai rimborsi è diverso ed è strettamente legato alle situazioni contingenti poiché non ci sono accordi economici sottoscritti da rispettare, nonostante i presidenti sappiano benissimo che è fondamentale mantenere sempre una buona reputazione per poter costruire le squadre del futuro.

Sponsor a rischio
Per ciò che riguarda la Serie D, le centosessantadue squadre rappresentano città italiane di piccole e medie dimensioni e quindi hanno come principale fonte di ricavo una serie di sponsorizzazioni da parte delle imprese locali che la società recupera durante il corso della stagione con l’obiettivo di bilanciare i costi. Poiché generalmente si tratta di accordi verbali di tipo fiduciario, è chiaro che in seguito a questa sopravvenuta situazione di emergenza gli importi delle sponsorizzazioni che non sono ancora stati versati nelle casse della società saranno probabilmente irrecuperabili e le società si troveranno di fronte a una situazione difficilmente sostenibile. Il discorso relativo agli sponsor come linfa vitale del sistema dilettanti è estendibile a tutte le categorie minori con la semplice differenza che più scendiamo di categoria più gli sponsor diventano inferiori per ogni società sia come apporto economico sia a livello numerico. Gli accordi di sponsorship sono incentrati sui buoni rapporti con le persone del territorio e si affidano al tessuto delle piccole-medie imprese della zona di riferimento facendo leva sul senso di appartenenza e sul radicamento storico-territoriale della squadra.

L’impatto sulle scuole calcio
Un’altra questione importante è relativa ai proventi dell’attività di base e delle scuole calcio da cui tantissime società ottengono buona parte dei loro introiti totali grazie alle iscrizioni dei bambini. Anche in questo caso non tutte le società hanno già riscosso il totale delle quote di iscrizione, mentre coloro che lo hanno fatto dovrebbero optare per una scelta etica di buon senso: la restituzione alle famiglie di un terzo della quota in modo tale da mantenere un buon rapporto con la comunità in vista delle successive stagioni. Considerando una media della quota d’iscrizione annuale di trecento euro, il seguente grafico ci aiuta a capire come variano le perdite relative alla stagione in corso al variare della numerosità degli iscritti alla scuola calcio.

Meno investimenti a causa delle recessione
In generale oltre a questi fattori di rischio riconducibili all’impossibilità di giocare a calcio in questi mesi, si prospetta una recessione economica importante che ovviamente potrebbe costringere un numero elevato di imprenditori a mettere da parte i loro investimenti nel mondo sportivo al fine di tutelare la continuità aziendale della loro attività principale durante l’eventuale periodo di forte crisi economica. Come ogni periodo in cui si prevede una recessione economica l’innalzamento dell’avversione al rischio toglierà risorse in primis alle iniziative sociali e alle associazioni senza scopo di lucro. Per questi motivi, il calcio dilettantistico va incontro a una brusca frenata degli investimenti sia privati che pubblici (i comuni, che ogni anno potevano collaborare e garantire una somma di denaro come contributo alle società sportive locali, saranno di fronte a una situazione complessa in cui la gestione della spesa pubblica dovrà essere estremamente oculata). Lo scenario che ci attendiamo mette a repentaglio tantissime realtà come annunciato da Sibilia, considerando anche che alcune associazioni sportive dilettantistiche stavano già fronteggiando una situazione finanziaria debitoria o comunque complicata provando a ripianare i conti nel corso degli anni. I passaggi di proprietà e gli avvicendamenti nel ruolo di presidenza saranno altresì molto improbabili in estate, mentre è ipotizzabile che molte società dilettantistiche getteranno la spugna e non si iscriveranno ai campionati 2020/21, così come altre sfrutteranno la vicinanza geografica per costituire delle fusioni condividendo risorse umane e finanziarie anche dovendo rinunciare a malincuore al sano campanilismo. La riduzione del numero di società implicherà anche tagli ai numeri dei settori giovanili e a risentirne potrebbero essere, purtroppo, anche gli eventuali talenti del domani.

Gli aiuti economici
Di fronte a una situazione così delicata sembra ormai certo anche l’intervento delle Regioni che prenderanno i loro provvedimenti interni per finanziare il rilancio delle associazioni sportive, soprattutto nelle aree più colpite dall’emergenza dove le società hanno già previsto per l’anno prossimo 1/3 degli sponsor rispetto a quest’anno. Aiuti economici, per quanto possibile, sarebbero auspicabili anche a favore delle famiglie in difficoltà per consentire l’iscrizione dei figli alle attività sportive, un sistema già utilizzato da Regione Lombardia col progetto Bando Rete Sport, l’iniziativa che sostiene i costi per l’attività sportiva delle famiglie meno abbienti con un contributo totale di 2 milioni di euro ripartiti per ambiti territoriali. La passione delle persone non sarà più sufficiente nel medio termine, La FIGC, la LND e il Ministero dello Sport da qui a pochi mesi sono di fronte ad una sfida ardua, da vincere necessariamente.

Sezione: EDITORIALE / Data: Dom 10 maggio 2020 alle 15:00
Autore: Mattia Vavassori
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