La riforma del calcio e della Lega Pro non è più rinviabile. Cento squadre professionistiche sono troppe, il mondo del pallone non è più sostenibile e rischia di implodere dal basso. Gli obiettivi della riforma devono essere due: sostenibilità del sistema e crescita del calcio italiano attraverso un aumento del livello tecnico dei campionati. Si può fare con tre cambiamenti:

1) 80 squadre professionistiche: 20 Serie A, 20 Serie B, 40 Serie C. Ancora meglio se la A venisse ridotta a 18 per garantire più spazi nei calendari. Ne guadagnerebbero la Nazionale, le squadre impegnate nelle Coppe Europee e anche tutte le altre che avrebbero una fetta più grande dei diritti Tv. La C unica manterrebbe la sua peculiarità di categoria nella quale si scontrano grandi piazze e piccole favole, spesso amministrate meglio delle grandi nobili decadute. La C d’Elite, che poi vuol dire tornare alla C1 e C2 di dieci anni fa, sarebbe un passo indietro per non parlare dell’ultima pazza idea del sorteggio per promuovere una squadra in B.

2) Un nuovo regime fiscale per le società di Serie C in cambio della loro funzione sociale sul territorio di crescita dei giovani calciatori. Il contributo per il minutaggio è una buona idea: solo economica però, perché a livello tecnico tante società hanno cercato di mettere in campo più under possibili impoverendo la qualità. Bisogna trovare un equilibrio, che può essere questo: i migliori prospetti delle squadre Primavera di A devono poter andare facilmente in prestito nelle squadre di Serie C. Solo se la società di A è convinta di farlo giocare lo tiene, altrimenti via in prestito in B o C. Nella stagione 2017-18 Pinamonti dell’Inter, Bastoni e Melegoni dell’Atalanta hanno avuto zero presenze in Serie A e zero in Primavera. Per loro è stato un anno perso. Squadre B? Finora in Italia sono state un flop. I giovani italiani più forti degli ultimi tre anni (Donnarumma, Chiesa, Zaniolo, Tonali) sono esplosi anche senza una squadra B. Ma questi sono fenomeni; altri, come Insigne, Belotti e Zaza in passato, oppure Castrovilli, Cistana, Gabbia nel presente, hanno cominciato in prestito in B e C per poi affermarsi in A. Un campionato da titolare in B o C a 18/20 anni vale molto di più di due in Primavera o di due in panchina in Serie A.

3) Stadi confortevoli anche in B e C, almeno con tutti posti a sedere e coperti. Punto fondamentale per attirare il pubblico, insieme a quello di vedere in campo una qualità del gioco migliore che può interessare le pay Tv, anche in streaming, e quindi entrate per i club.

Cosa cambierebbe? Solo vantaggi per tutto il sistema e regole certe. Tutti i campionati pro diventano più competitivi e appetibili. Si azzerano i fallimenti delle società in corso di stagione. Chi non ha i soldi per coprire una stagione va nei dilettanti. Se una squadra retrocede dalla B alla C e non può garantire lo svolgimento della stagione, libera tutti i giocatori e riparte dalla D, che potrebbe avere gironi da 20, anche se bisogna vedere quante società sopravviveranno alla crisi. Il tempo delle riforme è adesso, soprattutto se la Lega Pro deciderà di chiudere qui questa stagione. Speriamo senza sorteggio.

Sezione: EDITORIALE / Data: Lun 20 aprile 2020 alle 11:00
Autore: Stefano Spinelli
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